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Per quanto, col tempo, l’uomo abbia imparato a mostrarsi il meno animale possibile, rimane radicata nella nostra natura una componente troppo importante: le emozioni.
Spicca tra le universalmente conosciute, e riconosciute, la paura, la vibrazione forse più primordiale. È esattamente questa sua natura primitiva, a rendere la paura il mezzo perfetto per inibire, fermare, manipolare. Infatti, sebbene il grande vanto della nostra generazione consista nella libertà di pensiero, parola, espressione, la società viene spesso controllata attraverso la concatenazione di eventi che creano in noi paura.
Gli esempi nella storia più contemporanea sono tanti, ma da un’analisi più approfondita dell’argomento è nata in noi la volontà di raccontare una storia italiana che nel panorama internazionale passa spesso in secondo piano. La storia delle mafie, organizzazioni silenti nelle quali la paura ha un ruolo fondante.
Fatturato
I sistemi mafiosi basano il loro potere, e quindi la loro influenza a livello di infiltrazione negli affari economici, sulla quantità di denaro a loro disposizione. Più è ricca l’organizzazione, a più affari potrà avvicinarsi, maggiore sarà la sua importanza. Più paura sarà in grado di incutere.
Il fatturato medio annuo complessivo delle organizzazioni criminali in Italia ammonta a circa:
Nelle mafie la paura si declina in diversi modi assumendo le sembianze più svariate. La paura non è solo usata come arma verso l’esterno, ma esercita anche un ruolo fondamentale nell’educazione degli affiliati.
Omicidi
Spesso la paura si incute grazie all’uso della violenza. Ad oggi le vittime della criminalità organizzata sono per la maggior parte affiliati, morti negli scontri fra clan, o parenti di collaboratori di giustizia. Le statistiche suggeriscono una risalita del trend degli omicidi.
Azione statale
La paura ha la forza straordinaria di plasmare la società a favore di chi la usa e, in un contesto caotico, può portare all’affermazione di organizzazioni criminali. Queste, grazie a una comunicazione ben definita ed efficace, prendono il sopravvento su chi al contrario non ha potere agendo in due modi diversi: proteggendolo o minacciandolo.
Chi non può o non vuole avvalersi della protezione dell’organizzazione criminale a cui apparteneva, cerca quella dello Stato Italiano.
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Pentiti e testimoni inseriti in programmi di protezione in Italia
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I rispettivi familiari a loro volta protetti da un programma statale
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“Io credo che la malavita organizzata abbia più paura delle penne, delle intelligenze, che delle pistole... Questa è la mia teoria, la tua? Sei d’accordo?”
Samuele Ciambriello intervistato da Emanuele
Sempre in comunità Emanuele legge anche la biografia di Michele Zagaria, boss camorrista del clan dei Casalesi. Si interessa particolarmente alla vita della sua città e grazie ai giornali riesce a restare informato su tutto ciò che accade al di fuori dalla comunità. Pochi mesi dopo Emanuele fugge, ma viene presto arrestato e incarcerato a Nisida, dove rimane fino a dicembre 2012, quando, il giorno di Natale, viene scarcerato.
Durante la reclusione, Emanuele ha modo e tempo di studiare un piano dettagliato e organizzare, a partire da Forcella, la presa di Napoli.
“Pure Emanuele voleva comandare,
ma Emanuele aveva un’altra testa,
aveva cervello”
Mariarka, fidanzata di Emanuele
Napoli è scenario di una infiltrazione di diversi gruppi di ragazzi che non temono l’uso della violenza, anzi, la prediligono a qualsiasi altro mezzo, pur avendo obiettivi che non la richiederebbero in misure così estreme. È proprio l’assenza dei capi a rompere l’equilibrio anche dei clan più affermati. A Emanuele si affiancano infatti giovani provenienti da importanti clan, tra cui i Giuliano e gli Almirante. Inizia qui la trasformazione di Emanuele in ES17, il sedicenne che vuole conquistare Napoli con la violenza e la paura.
Emanuele inizia a circondarsi di compagni, quasi fratelli, e ad allontanare chiunque non meriti la sua fiducia. Sta creando un clan, una rete che lo possa portare alla sua ascesa e conosce perfettamente i rischi a cui va incontro.
“Qui mi sembra il Far West. Mi hanno detto che stanno tutti (incomprensibile), pure i bimbi...”
Intercettazione telefonica emessa dal GIP di Napoli
“Con gli infami per di dietro non si poteva andare avanti. Cioè Forcella è piena di infami. Io non posso convivere dove ci sono diecimila infami”
Intercettazione telefonica, parla Emanuele
“Proprio dopo che era nato Mattia si fece il taglio con la cresta. Come se diventato padre doveva essere pure capo”
Mariarka
e minaccia
“Uhè Marià.. dove stai? (...) Salitene Marià! Salitene!”
Intercettazione telefonica, parla Emanuele
Le volte in cui protegge i suoi cari e affiliati sono tante, ma sono altrettante quelle in cui minaccia i rivali. Il 15 Giugno le forze dell’ordine arrestano una sessantina di giovani affiliati, mentre ES17, insieme al fratello Pasquale, riesce a sfuggire al blitz.
A 19 anni Emanuele diventa latitante con un’accusa di associazione mafiosa.
“Ascoltami, io forse dmn butto telefono e skeda. [...] Ora nn pss parla più... mi farò vivo io se potrò, ti amo!”
Messaggi inviati da Emanuele a Mariarka durante la latitanza
“Ma sono sempre e saranno sempre i figli di Sibillo. E a Napoli è assai difficile una vita diversa e allora voglio che quando crescono se ne vadano da qui.”
Mariarka
Project by Beatrice Cera, Paola Del Vecchio, Martina Negroni, Giulia Silipo, Simone Tarozzi
Developed during the course Web and Media Design at UNIBZ, SS.2018/2019
Prof. Matteo Moretti